Liquore tintura

Erbe, liquori , elisir

Alcuni cenni di storia. La tradizione liquoristica può vantare una lunga storia, a partire dagli antichi greci e romani, passando per le tradizioni monastiche e poi dei saperi di erboristi, speziali e farmacisti fino a giungere ai nostri giorni. Nelle zone mediterranee dell’Italia la tradizione liquoristica trae origine dalla tradizione greca e romana , poi perfezionata dalla scuola salernitana e dagli studi di Arnaldo da Villanova (liber de vinus) , in cui la macerazione di erbe medicinali era fatta in vino (enoliti) o in birra (brutòliti). Questi vini medicati, la cui conoscenza è di tradizione familiare, avevano gradazione alcolica molto più bassa e dunque richiedevano più macerazioni, talvolta con piante resinose ed aromatiche ricche di oli essenziali (finocchio, ginepro, anice verde, timo, santoreggia, origano) e scorze di agrumi (arancio dolce, arancio amaro, limone, bergamotto). Un enolito che ebbe notorietà diffusa in gran parte d’Europa nel medioevo fu l’ippocrasso, un vino rosso addolcito con miele, con zenzero, cannella ed altre erbe aromatiche che aveva il pregio di potersi preservare per anni.  La gradazione alcolica inferiore agli attuali liquori li ha resi oggi digestivi dopo pasto o cordiali,  vini dolci di benvenuto. Un altro grande apporto alla diffusione e formulazione dei liquori è legata ai rimedi medici corroboranti preparati nelle abbazie dei frati Francescani, Gesuiti, Benedettini e Cistercensi  , prodotti dagli speziali laici e frati farmacisti, utilizzando per lo più erbe coltivate nelle abbazie . Molto celebre è l’esempio della  Chartreuse (un liquore dell’Alta Savoia, contenente ben 130 erbe),  e alla tradizione alchemica ed erboristica. Sovente erano preparati  con un solo rimedio erbale predominante (8-10 volte più delle altre erbe) nel qual caso prendevano il nome di elisir (dall’arabo “estratto”) . I più famosi elisir sono quelli di china ,  rabarbaro e camomilla, quest’ultima ora quasi in disuso. L’Elisir  di Lungavita  prodotto fino a metà 1800 era a dominanza di aloe del capo. Un misterioso elisir è quello del medico Paracelso, detto Proprietatis la cui ricetta è sempre rimasta un segreto. Erano preparati  per  macerazione a freddo di fiori e a caldo di componenti legnose, con  distillazione di alcune frazioni aromatiche, talvolta ma non sempre con aggiunta di zucchero  miele o fichi secchi (5%) come corroborante. Abbiamo notizia delle preparazioni dai testi di Giovanni di Rupescissa e Francesco Sirena. Nelle valli alpine ed appenniniche  di tutta l’Italia, soprattutto in valle d’Aosta, Valtellina, Trentino, Veneto, si svilupparono tradizioni di distilleria di vinacce o di vino, arricchite con erbe spontanee montane e pochissime spezie esotiche tra le quali prevaleva la china. Ebbero così origine amari digestivi ed elisir mono erba, nei quali dominavano le artemisie (genepì, assenzio romano, assenzio rapontico), la genziana, l’achillea moschata e millefoglie, il mallo di noce,  la menta . Un analoga tradizione si ha nel nord Europa,  soprattutto in Olanda , Svezia , Inghilterra e Germania, dove si sono sviluppate distillerie già nel 1500, che prevedevano erbe amare scarsamente dolcificate e spezie esotiche (aloe ferox, assenzio,  cardamomo, coriandolo, china, rabarbaro, chiretta, cascarilla, macis, anice, cannella, anice stellato), grazie alla Compagnia delle Indie. Questi rimedi alcolici erano usati per fronteggiare climi rigidi e come anti nausea per il mal di mare. La liquoristica Piemontese è oggi  ben nota  per  grappe di vini pregiati, liquori fruttati come il ratafià di amarene, il genepì, i liquori contenenti menta di Pancalieri portati alla ribalta dal noto Fernet, il vino medicato Vermouth di Torino, il barolo Chinato, la China Martini, il Rabarbaro Zucca,  o il Punt e Mes  .    

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